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Le muse

Il sussurro di una donna come ispirazione



Il cielo scuro, quasi nero, avvolge tutto nelle sue tenebre. Le nuvole, grigiastre, striano il cielo come pennellate frettolose. In lontananza un monte, il più alto di tutti, protegge la silenziosa città dormiente ignara di quello che sta accadendo proprio ai piedi di questo maestoso masso. Nel buio più assoluto si vede un punto illuminato, è una grotta e avvicinandosi si percepisce il calore di un vivace fuoco acceso all’ingresso, dall’interno si sentono provenire dei gemiti e un’ombra informe si muove spasmodica sulla parete. L’episodio si ripete ogni notte per nove notti consecutive. Così furono concepite le muse.


Secondo la mitologia greca sono infatti figlie di Zeus e Mnemosime, titanessa della memoria figlia di Gea e Urano. Dall’unione dei due nascono nove ninfe destinate a rimanere per sempre l’ispirazione dell’uomo per tutte le arti e le conoscenze.


Profondamente venerate nella Grecia antica e richiamate da poeti e artisti in aiuto alla loro creatività rimangono a lungo senza nome e sottoforma di ninfe si manifestano come sussurri nelle orecchie di chi le invoca. Sarà Esiodo, nella sua Teogonia, a dar loro un nome e una descrizione.


« le nove figlie dal grande Zeus generate,Clio e Euterpe e Talia e Melpomene,Tersicore e Erato e Polimnia e Urania,e Calliope, che è la più illustre di tutte. »

(Esiodo, Teogonia, incipit, 76-79)


Le nove muse


Calliope, Cosmé Tura. 1460
Calliope, Cosmé Tura. 1460

Calliope. Colei che ha una bella voce. Protettrice della poesia elegiaca.


É raffigurata come una giovane dall’aria nobile che indossa una corona d’oro.


Erato, musa della poesia lirica, Charles Meynier. 1800
Erato, musa della poesia lirica, Charles Meynier. 1800


Erato. Colei che provoca desiderio. Protettrice della poesia amorosa.


La giovane musa indossa una corona di mirto e rose, vicino a lei una cetra. Spesso rappresentata a fianco di Eros, il dio dell'amore.

Clio, musa della storia, Jean Boulanger. 1600
Clio, musa della storia, Jean Boulanger. 1600


Clio. Colei che può rendere celebri e custode degli avvenimenti


Considerata la musa della storia indossa una corona d’alloro e in una mano tiene una tromba, nell’altra un libro.

La musa Euterpe, Lorenzo Lippi. 1600
La musa Euterpe, Lorenzo Lippi. 1600


Euterpe. Colei che rallegra. Musa ispiratrice della musica


La musa indossa una corona di fiori e ha tra le mani un doppio ottavino.

La musa Melpomene, Giovanni Volpato. 1700/1800
La musa Melpomene, Giovanni Volpato. 1700/1800


Melpomene. Colei che canta la tragedia


La musa indossa un vestito maestoso e porta tra le mani una maschera tragica. La leggenda narra che Melpomene avesse tutto ciò che si potesse desiderare: bellezza, ricchezza, amore…ma che non riuscisse ad essere felice. Ed è proprio questo il paradosso della tragedia, non si sfugge da essa nemmeno avendo tutto.

Polimnia, musa dell' eloquenza. Simon Vouet. 1600
Polimnia, musa dell' eloquenza. Simon Vouet. 1600

Polimnia. Colei che ha molti inni. Musa della danza e della spiritualità


Rappresentata in abiti chiari e sdraiata o in atteggiamento di meditazione. Spesso in mano tiene una catena.


Thalía, musa della commedia. Giovanni Baglione. 1600
Thalía, musa della commedia. Giovanni Baglione. 1600

Talia. Colei che è festiva


Talia è una giovane allegra e sorridente con un ché di beffardo sul volto. Sul capo porta una corona di edera e indossa dei sandali. Tra le mani una maschera comica


Torsicore, la musa della danza. François Boucher. 1700
Torsicore, la musa della danza. François Boucher. 1700

Torsicore. Colei che diletta nella danza


Giovane donna snella e leggera, dall’aria serena. Sul capo una corona di fiori e in mano un tamburello.


Urania, la musa dell' astronomia. Eustache Le Sueur
Urania, la musa dell' astronomia. Eustache Le Sueur

Urania. Colei che è celeste


La musa indossa un abito azzurro e sulle ginocchia un mantello rosso, sul capo una corona di stelle. Accanto a lei troviamo un globo di cui prende le misure con un compasso.


Muse come archetipi


Interessante è notare come le descrizioni e le rappresentazioni di ciascuna musa siano universali e adattabili alle personalità con cui definiamo noi stessi e agli altri; una sorta di archetipo.


Le muse sono forme primordiali che incarnano le sfaccettature dell’essere e che in ciascuno di noi sono più o meno in risalto. L’aspetto curioso è che le muse sono entità esterne, gli antichi greci hanno avuto la necessità di inventare delle ninfe per rappresentare ciò che nell’animo umano già c’era ma sottoforma di astratta sensibilità. In realtà questo processo non ci deve stupire, nel mondo antico tanti sono i fenomeni non spiegabili scientificamente che hanno trovato forma in divinità o semi divinità ma quello che appare quasi inspiegabile è come il fascino delle muse abbia resistito e si sia adattato alle epoche storiche successive declinando i leggeri sussurri femminili in un’iconografia ben definita. Ancora oggi si parla di ispirazione e non si sa darle un’origine, la si spiega come un’esperienza attingendo alla sfera emotiva.


L’ispirazione si concretizza in un’opera, intesa come dipinto, performance, teatro, danza, musica, poesia, prosa, istallazione….tutto ciò che è superfluo, aleatorio ma vitale per la nostra essenza.


La costante, nella storia dell’uomo, è stata la ricerca della conoscenza tramite le arti. Sono state le arti a mutare nel corso dei secoli seguendo le scoperte scientifiche, le sensibilità religiose e l’evolversi nella società.


Queste nove sorelle sono la rappresentazione della complessa orchestra del sapere umano.


Muse come processo di conoscenza


Credo che sia stato nel medioevo che si sia arrivati all’interpretazione più articolata delle muse antiche; Fulgenzio interpretò allegoricamente il mito identificando le nove giovani come i nove momenti dell’attività dottrinale. In altre parole ha saputo declinare le inclinazioni in un unico percorso, quello della conoscenza.


Come in una staffetta le nove muse si susseguono una dopo l’altra in un percorso tanto lineare quanto burrascoso ma con un traguardo che sa di infinito.



Questa interpretazione è la descrizione del processo creativo, quasi un'analisi psicologica dell'artista e ci permette approfondire non solo le emozioni, ma anche i desideri che si celano dietro una scelta artistica.


Sicuramente si parte da un'attrazione verso un'arte in particolare, la musica, la poesia, la tragedia…. ovviamente declinandola in tutte quelle che sono le attività umane. La finalità dell'avvicinamento è in un primo momento il desiderio di gloria, impersonificato da Clio. Successivamente si passa ad una fame più ludica e l'attività viene svolta per il diletto che ne deriva, qui troviamo Euterpe.


Il procedimento continua passando tre fasi, rispettivamente guidate da Melpomene, Talia e Polimnia: lo studio, la capacità ricettiva e la memoria. Questa parte è necessaria per discernere il talento, infatti tanti sono chiamati alle arti e altrettanti si dilettino in esse ma solo alcuni prescelti si distinguono. Quest'ultimi saranno chiamati alla fase successiva, lo sforzo inventivo di Erato. Gli artisti diventano “coloro che fanno innamorare”, la loro arte come una freccia si conficca nei cuori altrui per soggiogarli al suo potere.


Infine solo in pochissimi sono accompagnati in quello che e' l'apice del processo creativo, questi eletti vengono guidati prima da Tersicore verso il giudizio, poi da Urania, il discernimento e infine da Calliope, l'espressione accattivante ovvero il diventare la propria arte. Il riconoscersi nelle proprie opere ed essere un tutt'uno con esse.


Quello su cui intendo riflettere scrivendo queste righe è il fatto che l'ispirazione, come procedimento artistico, ha due anime: una prima talmente effimera da risultare quasi inumana, tanto da rendere necessaria la personificazione con delle muse, e una seconda talmente umana e universale che è impossibile non pensare che si tratti di qualcosa che non solo appartiene al genere umano ma addirittura, trascendendolo, permette a quest'ultimo di percepire un profondo senso di appartenenza.


Perchè gli artisti non sono solo coloro che creando generano sentimenti ma coloro che creando generano atemporalità, perchè il compito dell'arte deve essere quello di insinuarsi nella superficie della realtà e solleticare le corde più recondite dela nostra anima. Non credo sia un caso che le muse in origine siano state impersonificate da giovani donne, il sentimento infatti che grazie a quest'ultime l'artista riesce a manifestare appartiene alla sfera emotiva femminile. La dolcezza e l'intimità che certe parole suscitano in noi, lo spaesamento davanti ad una performance, il senso di riverenza davanti ad una statua colossale…sono tutte emozioni appartenenti alla sfera dell'umiltà. L'umiltà tratto caratterizzante della donna in quanto per natura ha un spiccata inclinazione per la collaborazione, creando relazioni conscia di aver bisogno di aiuto. Immaginando le muse come figure femminili è come se gli artisti, nel fare arte, venissero guidati da quella parte femminile, da quello ying, che dentro di loro si cela.


In un mondo come il nostro non c'è spazio per la sensibilità, le emozioni appaiono funzionali solo a vendere se stessi. Tutto deve essere ritagliato sull'immagine che vogliamo dare di noi stessi agil altri e tutto ciò che è autentico e quindi imperfetto nasconde dentro di sé la necessità di essere limato o peggio nascosto sotto una coltre di pregi gonfiati.


Le muse sono sempre lì a ricordarci come si possa apparire belli, nel senso più aulico del termine, non solo accettando i propri interessi ma anche coltivandoli perchè, se sinceri e autentici, possono diventare eterni.

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