La matanza de los inocentes, Rosario de Velasco
- Matilde Gilioli
- 20 feb
- Tempo di lettura: 3 min
Speciale biografia e dipinto

Rosario de Velasco fu una stella. Non una star con i riflettori puntati addosso, con lo sfarzo, con la celebrità che questo termine richiama ma una stella, un lampo di vita senza tempo.
Il suo stile autentico e mutevole ci racconta di un artista libera che ha fatto della sua vita e della sua arte un tutt’uno arrivato fino a noi tramite tele, carta, pennellate, colori ma soprattutto luce.
Una luce che illumina chiara, diretta e senza indugi le scene dei suoi dipinti.
De Velasco nasce a Madrid nel 1904 da una madre cattolica e da un padre colonnello dell’esercito spagnolo; normalmente potrebbe essere difficile, per un animo ribelle come il suo, riuscire a sbocciare in un contesto famigliare di questo tipo. In realtà la famiglia la appoggerà sempre e sarà proprio il padre, amante dell’arte, a portare lei e la sorella all’accademia di Fernando Álvarez de Sotomajor, futuro maestro di Rosario.
La carriera dell’artista è divisa in due fasi: prima e dopo la Guerra civile.
Prima di questa data Rosario de Velasco si forma con il maestro Sotomajor e vive in una Madrid moderna e stimolante che le permetterà di esprimersi artisticamente e ideologicamente in modo libero.
Le sue idee anticonformiste, influenzate dalla religiosità di famiglia ma di stampo rivoluzionario, trovano appoggio nella Falange, un movimento il cui pensiero era essenzialmente conservatore ma allo stesso tempo ambiva alla rivoluzione dei vecchi ordini.
Rosario però non può essere racchiusa in una locandina di partito; nel 1924 infatti illustra il libro Cuento para sueño di Maria Teresa Leon, di orientamento comunista.
Potrà sembrare una contraddizione ma ancora una volta de Velasco dimostra un’onestà intellettuale impeccabile: dirà infatti di aver illustrato il libro perché rispettosa dell’autrice al di sopra di ciò che pensa politicamente.
La carriera artistica di de Velasco inizia ufficialmente nel 1931, da questa data si vedranno sue opere nell’esposizione nazionale di belle arti di Venezia, Copenaghen, Berlino e Parigi fino a Pittsburgh negli Stati Uniti.
Rosario de Velasco fu tra gli artisti europei più talentuosi degli anni ’30 anche se la sua celebrità rimarrà perlopiù ancorata a Madrid.
La guerra civile in Spagna si avvicina. Siamo nel luglio del 1936 quando Velasco realizza un’opera che potremmo definire profetica: La matanza de los inocentes.
È questo il dipinto spartiacque nella carriera dell’artista: dopo lo scoppio della guerra civile Velasco è costretta a lasciare Madrid a causa della sua vicinanza con il movimento della Falange. Raggiunge Barcellona, dove è meno conosciuta, ma viene comunque arrestata e portata in prigione. Passerà una notte in cella per poi essere liberata da Javier Farrerons con cui in seguito si sposerà.
Durante il periodo della dittatura franchista de Velasco non smetterà mai di dipingere, di esporre le proprie opere e di venderle ma lo farà in modo diverso. La vitalità, la spontaneità, la libertà di prima sono svanite; come se l’artista si fosse stancata di esporre e di esporsi.

Analizziamo ora l’”opera profetica” per comprendere meglio l’artista e l’universalità senza tempo dei temi trattati.
L’opera, realizzata in olio su tela, fu dipinta nel 1936 e rappresenta l’episodio biblico del massacro degli innocenti ordinato da Erode raccontato nel Vangelo secondo Matteo (2, 1-16).
Erode, venuto a sapere dai magi della nascita del “re dei Giudei” interroga scribi e sacerdoti e, scoprendone il luogo di nascita, ordina l’immediata uccisione di tutti i bambini sotto i due anni di età.
La scena principale è composta da quattro madri con il figlio ancora in vita e due madri senza figli. Delle quattro madri con figli due guardano lo spettatore caricando di drammaticità la scena.
I personaggi sono divisi da una diagonale che divide una zona estetica (quella inferiore con le madri che guardano lo spettatore) e una zona dinamica (quella superiore).
Dal punto di vista cinematografico le figure femminili rappresentano un ciclo costante di sentimento in una progressiva prospettiva di piani empatizzanti verso donne sempre più disperare ed impaurite.
Lo sfondo è completamente assente per non distrarre lo spettatore dalla scena principale dove i soggetti, le donne, sono riconoscibili dal colore dei loro abiti. Diverso è invece per i bambini le cui vesti mantengono un’uniformità cromatica.
La luce illumina la scena in tutti i suoi dettagli mostrando due sentimenti in particolare: il panico di chi non conosce il destino tragico dei propri figli e il dolore di qualsiasi madre per la morte imminente del proprio figlio per mano di un barbaro.
In conclusione, La matanza de los inocentes, è un’opera universale che va oltre il contesto storico in cui è stata realizzata, oltre l’ideologia dell’artista, oltre il significato religioso rappresentando una delle paure che accomunano tutti gli uomini: la paura in futuro di perdere ciò che di più caro abbiamo per mano di chi, per cieca bramosia, si assume il diritto di prenderlo.
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